Togliere il tannino
Togliamo i tannini, non perché siano dannosi, ma perché sono molto fastidiosi in bocca per il senso di amaro e di astringenza che conferiscono. Tale sensazione è piacevole fino ad un certo livello, oltre diventa del tutto intollerabile. In realtà i tannini sono ricchi di eccellenti proprietà benefiche per la conservazione degli alimenti che li contengono e per le loro capacità antiossidanti ed anti-invecchiamento quando li assumiamo attraverso i cibi. Si tratta quindi di diminuire i tannini fino a togliere le sensazioni sgradevoli, ma cercando di mantenerne una quota, magari sottoforma di fenoli, in modo che i consumatori possano giovarsi delle loro caratteristiche favorevoli.
Vediamo in dettaglio le numerose vie che è possibile percorrere per rendere le ghiande dolci.
Lisciviazione delle ghiande fresche in acqua corrente fredda
Il tannino è idrosolubile; quindi l’acqua lo discioglie e lo allontana. Questo processo è definito in termine tecnico “lisciviazione”. È un sistema molto semplice che si adopera con le ghiande fresche, lavate, ma intere e non sbucciate; consiste nel metterle in un sacco traforato o in un paniere e immergerle in acqua corrente. In un tempo più o meno lungo, misurabile comunque in settimane, l’acqua corrente avrà portato via i tannini e le ghiande saranno diventate dolci. Sarà necessario assaggiarle durante il processo fino a cessare di avvertire sensazioni spiacevoli. L’acqua non deve essere necessariamente corrente; basta che vi sia un minimo flusso che allontani i tannini che fuoriescono dai gusci. Per grandi quantità di ghiande da trattare si possono usare grandi recipienti dotati di un rubinetto di scarico, come quelli usati normalmente nelle cantine: vi si immetteranno ghiande ed acqua cambiando quest’ultima fino a che diventi chiara e non astringente. A livello casalingo è anche possibile metterle semplicemente in un boccale e cambiare l’acqua una o due volte al giorno; si vedrà che le prime acque saranno bruno scuro ed amare, ma diventeranno progressivamente più chiare e meno amare. Quando non si avvertiranno più sensazioni amare il processo sarà terminato.
Lisciviazione della farina in acqua corrente calda o fredda
È il metodo principe degli indiani di America e si è ancora mantenuto come il preferito negli Stati Uniti. La farina, contenuta in un bacino di sabbia, veniva fatta attraversare da numerosi flussi di acqua che ne dilavavano il tannino fino a renderla dolce. Attualmente il processo si è un po’ modernizzato e ve ne sono alcune varianti, secondo l’attrezzatura di cui si dispone.
Il sistema è certamente interessante ed anche molto efficace in quanto si potrà continuare a lavare la farina fino ad ottenere la “non-astringenza” desiderata; ma sembra molto laborioso e non esente da procurare delle perdite di prodotto che se ne va con l’acqua durante i successivi dilavamenti.
L’acqua può essere fredda o calda; in questo secondo caso il processo è più veloce, ma i puristi ritengono che il sapore della farina sia meno gradevole e “autentico” di quella lisciviata con acqua fredda. Sembrerebbe, inoltre, che l’acqua calda, oltre ai tannini, porti via anche una parte dell’amido che invece si vorrebbe conservare. Inoltre, la farina che si ottiene alla fine del processo sarà più scura di quando si usa l’acqua fredda. Un metodo moderno prevede di mettere la farina in un recipiente con dell’acqua calda lasciando riposare un’ora. Successivamente si filtra il tutto con un colino molto fine e/o strizzando la farina bagnata in un’asciughino o in una garza robusta. Si ripete più volte fino a togliere l’astringenza della farina.
Un’altro modo usato da una discendente degli Indiani californiani è quello di passare le ghiande sbucciate al frullatore (una parte di ghiande e tre di acqua) macinandole finemente. Vista la loro durezza anche quando sono fresche, il frullatore deve certamente essere di una buona potenza. La granella di ghiande andrà a fondo e sopra resterà l’acqua; che verrà tolta e sostituita con altra pulita una volta al giorno per almeno una settimana (ma a volte anche per tre, in caso di ghiande particolarmente ricche di tannino), giudicando dal colore dell’acqua, sempre più chiara via via che i tannini in essa disciolti diminuiscono. Il recipiente si tiene in frigorifero. Una volta terminato questo lavaggio, viene allontanata l’acqua superflua e la granella bagnata viene congelata per essere usata successivamente. Il vantaggio di questo metodo consiste nell’evitare di passare la miscela acqua/ghiande attraverso un colino con perdita di tempo e di prodotto; il prodotto finale sarà una pasta.
Bollitura
Il sistema della bollitura è certamente il più rapido. Si pongono a bollire le ghiande in una pentola con abbondante acqua; questa diventerà rapidamente molto scura e verrà cambiata. Il processo continuerà fino ad avere acqua ragionevolmente chiara e sapore non amaro. Il processo è più o meno lungo a seconda del tannino che queste ghiande posseggono, ma ci possono volere anche alcune ore di bollitura e numerosi cambi di acqua. Il processo dovrebbe essere molto più rapido se si effettua in autoclave, ma mancano informazioni precise sui tempi, la temperatura e la pressione più adatti. Serva di riferimento ciò che fanno i turchi per estrarre il tannino dalle cupole della quercia Vallonea: una parte (in peso) di cupole con 5 parti di acqua per 80 minuti ad 85°; nell’autoclave l’acqua è continuamente mossa.
Le acque scure ritirate dalla pentola sono ricche di acido tannico e possono essere utilizzate in vari modi: per lavarsi, per disinfettare la pelle che abbia delle ferite o delle abrasioni, per lavare le emorroidi, per fare dei gargarismi in caso di mal di gola. Per fare il bucato che il tannino igienizzerà, pur non dimenticando che i capi bianchi resteranno leggermente colorati di marroncino, sia pure non permanentemente.
Vapore
Un metodo moderno e casalingo sembra essere quello al vapore, usato in Portogallo. Le ghiande sbucciate vengono disposte in un setaccio e sottoposte ad un flusso di vapore sopra una pentola in ebollizione, per tutto il tempo necessario ad eliminare il tannino il cui contenuto andrà provato assaggiando il prodotto di tanto in tanto. Al termine del processo le ghiande vengono seccate in forno e macinate. Ma sembra che la conservazione di questa farina abbia una durata assai breve, di poco superiore ai tre mesi, rispetto a quella prodotta con altri metodi, senza passaggio al vapore. I motivi di questa minore durabilità non sono noti.
Fermentazione
Alcuni usano invece tenere le ghiande in recipienti chiusi con l’acqua che viene cambiata ogni certo numeri di giorni, tipicamente, una volta a settimana. Durante questo tempo le ghiande hanno la tendenza a subire un piccolo e lento processo di fermentazione, che riprende dopo ogni cambio durante i diversi cicli di sostituzione dell’acqua. È da ritenersi che questa leggera fermentazione favorisca la degradazione dei tannini, ed è anche molto probabile che migliori la digeribilità del prodotto. Non vi sono informazioni sull’utilizzo del liquido fermentato come bevanda.
Tostatura
La tostatura, con le molteplici trasformazioni indotte dal calore nel frutto, permette di inattivare il tannino e di dolcificare le ghiande. Il processo non è molto diverso da quello che si usava tradizionalmente per il caffè. Si mettono le ghiande sbucciate in un cilindro forato e dotato di piedi, posto sul camino e girato con una manovella. Il tempo e la durata della tostatura sono molto variabili, ma i risultati migliori si sono ottenuti con 200° durante 1 ora. Si può tostare anche in forno, ad una temperatura inferiore e con tempi più lunghi (120° per due ore) rimuovendo di tanto in tanto la massa delle ghiande.
In caso di ghiande fortemente amare i due processi di bollitura e tostatura venivano accomunati e ad una prima tostatura faceva seguito una bollitura, uno sminuzzamento, un’essiccazione ed una nuova tostatura.
Negli ultimi anni si sta usando una leggera tostatura in Portogallo ed in Polonia per produrre una farina di un bel colore caffelatte e con un’astringenza meno aggressiva. La tostatura statica in forno è un processo piuttosto semplice, rapido ed economico ed il risultato ottenuto è soddisfacente in termini di attenuazione dei tannini e di resa in colore. Può essere una tecnica da tenere ben presente per una produzione di quantità importanti di farina di ghiande.
Riscaldamento
Non ci sono fonti chiare sulla possibilità di denaturare il tannino con il calore secco, senza arrivare alla tostatura. Era quanto si faceva tradizionalmente con le castagne che venivano essiccate in appositi edifici riscaldati per molti giorni con fuoco di legna. Sarebbe interessante sapere se un analogo procedimento applicato alle ghiande potrebbe togliere, o almeno diminuire, i tannini. Se ciò fosse possibile, la riunificazione delle due fasi dell’essicazione e della detanninizzazione faciliterebbe l’organizzazione del processo. Con una sola permanenza in un ambiente caldo avremmo ghiande secche e dolci.
Congelazione delle ghiande fresche
In Portogallo hanno recentemente intrapreso una via che pare essere molto interessante. Le ghiande fresche, lavate, intere, vengono congelate per almeno alcune settimane. Il vantaggio di questo metodo è che le ghiande raccolte vengono stoccate al riparo da ogni attacco di insetti, muffe o roditori fino al momento e nella quantità del bisogno. A quel punto le ghiande vengono scongelate, essiccate (e ciò può essere molto più facile se nel frattempo è arrivata la primavera, se non addirittura l’estate), sgusciate e macinate, ottenendo una bellissima farina senza astringenza. Tale tecnica viene per il momento usata soprattutto per conservare il colore chiaro del seme delle ghiande che con l’essicazione tende a scurirsi. Invece le ghiande congelate possono dare, in qualsiasi momento dell’anno, una granella o delle scaglie di colore chiaro, molto utili per adornare la superfici di dolci e biscotti, come si usa fare con le mandorle o le nocciole.
Sale, ghiande fresche e secche
In Spagna si utilizza un metodo che pare interessante e che deve esser stato mutuato dai metodi che si usano per togliere l’amaro alle olive. Le ghiande raccolte, lavate e brevemente asciugate, vengono stratificate con il sale da cucina: uno strato di sale ed uno di ghiande. Dopo un mese vengono tolte dal sale (che si può recuperare) e sciacquate: sono salate, ma non amare e possono essere utilizzate.
Bicarbonato di sodio, ghiande fresche o secche
Fonti americane suggeriscono l’uso del bicarbonato di sodio da sciogliere in acqua in ragione di un cucchiaino per ogni litro d’acqua. Si fanno riposare le ghiande in questa acqua per 12–15 ore, sciacquandole bene successivamente. Così facendo avrebbero perduto tutto il tannino. In effetti è noto che l’idrolisi dei tannini in acqua è più facile e completa se questa è basica. Ciò spiega anche per quale motivo i sardi, ma anche gli indiani californiani, aggiungessero durante la bollitura delle ghiande, della cenere che apportava caratteri basici alla miscela.
A questa categoria di processi appartiene il cosiddetto “metodo turco” che consiste nelle seguenti fasi: le ghiande, raccolte e lavate si perforano con un ago di osso o di legno (non di metallo per non farle annerire) e si seccano al sole per qualche giorno. Poi si distendono in fosse scavate nel terreno e profonde pochi centimetri. Il terreno deve essere soleggiato ed arenoso. Le ghiande si ricoprono con la terra a cui è stata aggiunta della calce e si lasciano riposare per 15 o 20 giorni. Al termine si recuperano e si mettono in deposito. Durante il periodo passato sottoterra avranno subito una fermentazione e con la presenza del carbonato di calcio i tannini saranno stati neutralizzati. Le ghiande si presenteranno quindi dolci e facilmente digeribili. Il foro nella buccia serve a far penetrare più facilmente il calcio all’interno del frutto.
Aggiunta di “sequestranti”
Indipendentemente da quale trattamento anti-tannini si sia deciso di applicare è possibile che un po’ di amaro resti. Nel caso tale difetto può scomparire nella successiva preparazione se questa prevede l’uso di latte, carne, uova, pesce od altri alimenti proteici. Infatti il tannino rimasto si lega alle proteine presenti nella preparazione e si annulla. Ad esempio, delle ghiande ancora parzialmente amare se sono bollite per un’ora nel latte divengono dolci. È quindi importante avere ben presente che un semilavorato di ghiande ancora un poco astringente può essere definitivamente corretto in fase di preparazione del prodotto finale, sciegliendo con accuratezza la ricetta che si vuol preparare.
Un altro fattore che toglie vigore ai tannini è l’argilla, come insegnano i sardi che la mettono nel loro pane di ghiande. Sarebbe anche interessante sapere quale sia quella sostanza, presente nella saliva dei suini, che permette loro di mangiare le ghiande senza esserne distolti a causa dell’astringenza.
Ammuffimento
Certi Indiani d’America pare avessero l’abitudine di conservare in recipienti chiusi le ghiande appena raccolte in modo che muffissero e che, per questo fatto, divenissero dolci. È un processo che si avvicina alla fermentazione.
Tempo
Vi è, infine, un’ultima strada. Il tempo fa polimerizzare i tannini e li inattiva. Ma ci vuole molto tempo: gli indiani d’America raccoglievano anche le ghiande più amare in quanto erano quelle che si conservavano più anni e potevano rappresentare la salvezza in caso di cattive raccolte delle varietà meno amare. Si dice che si conservassero anche oltre i cinque anni, senza subire attacchi degli insetti. Delle prove sarebbero necessarie per verificare se per alcune delle nostre specie di ghiande una stagionatura di uno o due anni sia sufficiente a vincere l’astringenza. I portoghesi dicono che per le loro sono sufficienti dai tre a i sei mesi; ma partono da un prodotto già molto dolce. La strategia dell’attesa, molto semplice ed economica potrebbe essere vantaggiosa.
Ma i tannini vanno proprio tolti?
Una scuola di pensiero diffusa in Spagna dice che non dobbiamo cercare di togliere i tannini a tutti i costi. In realtà la caratteristica principale delle ghiande è proprio quel forte e tipico sapore fra l’amaro e l’astringente. Toglierlo sarebbe un po’ come snaturare il frutto. L’osservazione ha un suo fondamento. In realtà chi assaggia molte farine di ghiande diverse, con il tempo e l’esperienza, troverà che quelle dolci finiscono per lasciare insoddisfatti. Diventa un prodotto praticamente neutro di scarsa personalità. Invece una bella farina fortemente astringente si farà notare con forza.
Ma è pur vero che quando la farina di ghiande è troppo forte diventa praticamente impossibile utilizzarla da sola; pochi sarebbero le bocche e gli stomaci che la sopporterebbero. Va quindi mescolata in percentuali relativamente piccole alla farina di grano o di altro. In questo modo, però, il produttore di ghiande vende quantità minori e non è soddisfatto.
È probabile quindi che si debba arrivare ad avere due o tre linee diverse di farina da proporre al mercato. Una versione “light” fortemente detannizzata e da usarsi anche da sola o comunque in alte percentuali ed una versione “hard” da usarsi da sola o quasi per gli amatori od in percentuali inferiori per un gusto più normale. Dal momento che ogni partita di farina è diversa dalle altre secondo le piante che hanno prodotto le ghiande utilizzate e secondo il tipo di elaborazione, si dovrebbe arrivare a parlare di “blend” per queste nostre farine.