Pulire, seccare, sbucciare
Una ghianda è composta dalla cupola, il tipico cappellino, su cui si innesta il peduncolo che la unisce al ramo; da una scorza dura e “cuoiosa” quando è fresca che diventa fragile al seccarsi; da una pelle che aderisce fortemente al seme, molto simile a quella delle noci o delle nocciole; dai due cotiledoni, il seme vero e proprio, che è la parte normalmente consumata.
Dopo la raccolta è consigliabile lavare le ghiande immergendole in recipienti pieni di acqua. Galleggeranno i frutti bacati o vuoti, parte dei legnetti, delle foglie, delle cupole che potranno essere facilmente allontanati. Purtroppo un certo numero di tali oggetti estranei andranno a fondo insieme ai frutti sani ed alle pietre. Una volta recuperato il tutto, andrà sciacquato, vagliato, eventualmente seccato e sottoposto ad un flusso di aria che allontani le impurità più leggere. Infine i corpi estranei ancora presenti andranno tolti a mano.
A questo punto è necessario decidere quale strategia vogliamo adottare per trasformare le nostre ghiande in prodotto commestibile. Ci sono tre vie possibili; congelarle aspettando un secondo momento per decidere come elaborarle; essiccarle o conservarle sotto acqua dolce o salata.
Il metodo migliore per seccare le ghiande è quello di depositarle in un luogo coperto, areato, in strato sottile e frequentemente rimosso. Ovviamente al riparo da animali ed insetti. Si possono utilizzare delle stuoie o dei teli di plastica per separarle dal suolo. Tali supporti possono essere sovrapposti, a castello, in modo da risparmiare spazio. È anche possibile ricorrere ad un’essiccazione in forno, a bassa temperatura, o in luoghi riscaldati per altri motivi.
Dopo l’essiccazione possiamo passare direttamente alla macinatura. In questo caso avremmo una farina integrale, composta da seme e dalla sua buccia, di sapore amaro ed astringente. Nel caso, rarissimo in Italia, in cui le ghiande fossero dolci anche la nostra farina lo sarebbe.
Altrimenti possiamo sbucciare le ghiande: l’essiccazione fa sì che il seme interno diminuisca leggermente le proprie dimensioni e si distacchi dalla scorza che diventa fragile. Durante l’essiccazione conviene provare spesso a schiacciare fra le dita alcune ghiande: se la scorza si rompe facilmente e si distacca dal seme l’essiccazione può dirsi a buon punto. In caso contrario conviene prolungarla ancora. Quando si giudica che il processo di essiccazione sia terminato, le ghiande vengono messe in un sacco, avendo l’accortezza di non riempirlo troppo, e fortemente sbattute o, più facilmente, calpestate. Sotto gli urti la scorza si romperà e sarà facile, una volta aperto il sacco, separare manualmente i semi dai frammenti della scorza. Se l’essiccazione è ben fatta questa parte del processo è piuttosto rapida.
Naturalmente, per produzioni che eccedano l’autoconsumo familiare si deve pensare a sistemi meno arcaici, come l’uso di macchine sgusciatrici quali quelle che esistono per le castagne o per la frutta secca. Alcune di queste macchine sono corredate da vagli che permettono di allontanare i pezzi di guscio e di pelle e di ottenere il seme pulito e pronto per la fase successiva. Altre non riusciranno a separare seme e guscio e tale operazione andrà fatta manualmente o con l’aiuto di un getto d’aria che allontana i frammenti di guscio più leggeri. Certe macchine possono fratturare una certa percentuale di semi, ma questo non rappresenta un problema. Il maggior produttore portoghese di farina di ghiande usa questo sistema. Dopo la sbucciatura è comunque prudente prolungare l’essiccazione in modo da far arrivare alla macinazione un prodotto ben secco ed evitarsi molti inconvenienti al molino.
Anche la pelle che ricopre il seme (simile a quella che ricopre le noci, le mandorle o le arachidi) si sarà distaccata grazie agli urti nel sacco o al processo della sgusciatrice e potrà essere soffiata via. Se non lo avesse fatto completamente, sarà necessario rimettere i semi sgusciati in un nuovo sacco e sbatterlo sul pavimento o contro una parete fino a che la pelle non si sia distaccata dal seme e possa essere soffiata via. Tale pellicina è molto ricca in tannini e può risultare fastidiosa. È quindi bene toglierla, eccetto nel caso di voler ottenere una farina integrale nella quale ritroviamo, non solo la pelle, ma anche tutto il guscio. È evidente che in produzioni non strettamente casalinghe l’asportazione della pelle sarà più sommaria ed effettuata a secco.
A livello casalingo esiste anche la possibilità di sgusciare le ghiande senza una essiccazione prolungata. Le ghiande leggermente essiccate, intere e lavate, possono essere frullate brevemente con il doppio del loro peso in acqua. Il frullatore, che deve essere potente, romperà i frutti. I frammenti della scorza galleggeranno mentre il seme andrà a fondo e sarà possibile recuperarlo. Andrà allora essiccato completamente.
Abbiamo ormai i semi secchi, sgusciati e puliti; alcuni possono essere in frammenti.